E.M.A.L.

Diversity, equity, inclusion

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Il Benessere Organizzativo è anche una Questione di DE&I

di Manuela Paselli

 

Secondo l’VIII Rapporto Censis-Eudaimon (Febbraio 2025) l’azienda viene sempre più vista dalle persone come un Hub del Benessere. Questa aspettativa nasce da una trasformazione profonda della Società e del Mondo in cui viviamo, in cui le sfide si caratterizzano per caratteristiche completamente nuove, rispetto al passato. In un mondo che oscilla tra il V.U.C.A. (Volatility, Uncertainty, Complexity, Ambiguity) e il B.A.N.I. ( Brittle, Anxious, Nonlinear, Incomprehensibile) dove il fattore denominatore comune è l’incertezza, accompagnata da un indebolimento delle risposte sociali di sostegno (welfare), l’azienda diventa quello spazio in cui le persone cercano nuove risposte. Ed in particolare nelle organizzazioni, oggi, le persone aspirano ad avere ambienti di lavoro in cui sperimentare un benessere a 360°, psico-fisico che non può prescindere da un equilibrio in cui salute fisica e mentale devono coesistere.

 

Citazione :“Priorità benessere per tutti. L’83,4% dei dipendenti ritiene una priorità che il suo lavoro contribuisca al proprio benessere olistico, complessivo da quello fisico a quello mentale, psicologico. È una convinzione prevalente, in modo trasversale a chi lavora in azienda, poiché coinvolge il 76,8% dei dirigenti, l’86,1% degli impiegati e il 79,5% degli operai e dei lavoratori con mansioni esecutive. Il 75% dei dipendenti tra i 18 e i 34 anni, l’85,7% dai 35 ai 54 anni, l’88,4% dei dai 55 anni in su.” l’VIII Rapporto Censis-Eudaimon (Febbraio 2025)

 

L’aspetto interessante è che le persone sono consapevoli che il Benessere dipende, da un lato dalle caratteristiche e risposte delle organizzazioni, e dall’altro dalla responsabilità personale legata ad azioni e scelte personali. Siamo di fronte quindi ad un atteggiamento pro-attivo e integrato, in cui il Benessere nasce da un ecosistema che si attiva, si esprime e dialoga. A questo punto emerge una domanda centrale, che vorrei approfondire con voi in questo articolo.

 

Può esserci Benessere Organizzativo in un ambiente non inclusivo?

Un’organizzazione che promuove il benessere aziendale è un sistema che crea e mantiene un ambiente di lavoro positivo, fisico, emotivo, cognitivo e relazionale nel quale le persone si sentono coinvolte, riconosciute e valorizzate nella loro autenticità e integrità. È evidente quindi che non si possano porre le basi del benessere se non si genera uno spazio organizzativo ampio, dove la Diversità, Equità e Inclusione non siano delle mode passeggiere, ma pilastri fondanti. In questo senso quindi essere una organizzazione inclusiva diventa uno dei MUST per sostenere e favorire benessere personale e organizzativo.

 

Che cosa è una organizzazione inclusiva?

Visto che ci occupiamo di life skills e di competenze emotive (consapevolezza di sé, gestione delle emozioni e dello stress) mi piace partire da una emozione che questo tipo di organizzazione esprime: CORAGGIO. Una organizzazione inclusiva ha una vision che non si limita ad avere paura delle diversità (di genere; di orientamento sessuale; di abilità; di età; di origine etnica, religiosa, culturale, etc.), ma che crea le condizioni perché la diversità sia attratta, riconosciuta, espressa. Questa vision consente di creare ambienti relazioni in cui:

  • viene valorizzata la diversità così come vengono gestiti i conflitti che da essa derivano;
  • le persone vengono trattate con dignità anche attraverso una buona work-life integration;
  • vi è la possibilità di essere partecipi, sia a livello formale che sostanziale, dei processi decisionali.

 

Dalla Vision alla Mission: il modello E.M.A.L.

L’inclusione non è un risultato da raggiungere, è uno stile relazionale e organizzativo, un processo in continua evoluzione. La sfida è nell’attivare questo processo, partendo magari da una cultura organizzativa che va rivista, modificata o potenziata. Di fatto, quindi, la DE&I in azienda è un processo di cambiamento, uno scossone all’omeostasi del sistema, che fisiologicamente tenderà a resistere, a stare nella certezza del conosciuto. Per questa ragione è fondamentale attivare un processo di cambiamento reale, organico, che coinvolga parallelamente l’organizzazione e le persone, piuttosto che interventi spot.

Il modello E.M.A.L. è una vera bussola che guida le aziende nel processo di cambiamento attraverso quattro fasi fondamentali: esplorazione, motivazione, azione strategica e apprendimento continuo.

EXPLORE: Se non conosco non posso vedere. Non si può modificare una cultura se non si è consapevoli di cosa è quella cultura. Quali sono i modelli culturali dell’organizzazione? E delle persone? Quanto ne siamo consapevoli? Cosa succede nella nostra organizzazione? Quali stereotipi, credenze, schemi, bias sono attivi, nei processi decisionali? Fare una mappa di chi siamo come organizzazione è necessariamente il punto da cui partire, anche per comprendere quali azioni saranno necessarie per sostenere il processo.

MOTIVATE: Se non ha senso non posso agire. Qual è il vantaggio per l’organizzazione? Qual è il vantaggio per ogni singola persona? Il cervello umano ha una funzione fondamentale: gestire l’equilibrio metabolico tra risorse che abbiamo ed energia che spendiamo. E il bilancio deve essere in positivo. Questo significa che siamo disposti a cambiare come persone o come organizzazione se l’investimento porta ad un vantaggio (che può essere di diversa natura). La motivazione è la competenza chiave per sostenere un processo di cambiamento organizzativo volto all’inclusione. Qual è la vostra?

ACT: Non c’è cambiamento senza azione e non c’è apprendimento senza esperienza. Quando si ha chiara la propria vision e il proprio obiettivo, l’unica via per realizzare è fare. Ma come fare? Attraverso metodo e pratica, action plan co-costruiti (livello persone) e specifici KPI (livello organizzazione).

LEARNING: Se non rifletto non posso immaginare oltre. L’inclusione è un processo continuo che si definisce e si ri-definisce. Cosa è successo? Chi siamo ora? Quanta strada abbiamo fatto? Cosa c’è ancora da fare? Come in un buon viaggio la mappa ci aiuta a riflettere sulle azioni concretizzate e ci aiuta a ridefinire lo stato delle cose. È in questa fase che si festeggiano i successi, si acquisisce Consapevolezza di sé, maggiore senso di appartenenza e si rilancia verso il futuro.

 

Il mio personale punto di vista.

Spesso le aziende o le persone mi chiedono “perché ha senso diventare più inclusivi?”. La risposta vincente, si sa, è l’elenco dei benefici che questo comporta: se investo in qualcosa voglio vederne i frutti. Ma lasciatemi dire altro (i benefici li trovate comunque https://www.lifeskillsbusiness.it/diversita-equita-inclusione/).

Perché è GIUSTO, perché come persone (imprenditori e imprenditrici, manager, responsabili, professionisti/e …) abbiamo una responsabilità verso noi stessi e collettiva, quella di favorire una società e un mondo in cui le persone abbiano davvero eque possibilità e possano realizzarsi… a partire da noi.